Le prime presenze ebraica nella città risalgono al 1145, ma è nel 500 che la comunità conosce la sua maggiore crescita. Infatti in questo secolo vi furono fondate bel 12 sinagoghe, chiamate “Scholae”, che fungevano sia come luoghi di culto che appunto come “scuole”, quelle che chiameremmo oggi “yeshivot”. Tutte e 12 furono distrutte nel 1630 durante il sacco di Mantova da parte dei Lanzichenecchi al soldo dell’Imperatore Federico II. Di queste, 6 furono riscostruite successivamente tutte concentrate nella zona del ghetto, tra cui la Grande Sinagoga demolita nel 1940 e di cui oggi rimane il ricordo nel nome della via ove sorgeva.
In ogni caso le testimonianze rimaste della presenza ebraica a Mantova meritano una visita. Questa può incominciare dalla Rotonda di San Lorenzo, un’imponente chiesa romanica costruita nell’11° secolo e da tempo immemore sconsacrata e trasformata in un magazzino per lo stoccaggio del carbone, della legna e di altre mercanzie e da dove si accedeva al ghetto attraverso un portone. La sua apertura all’alba e la sua chiusura alla sera era compito di un cittadino mantovano cristiano, il “chiavaro”. L’aspetto del dedalo di vie e degli edifici che costituivano il ghetto non è quello originario perché all’inizio del 20°secolo la maggior parte della zona fu soggetta ad un risanamento edilizio. Comunque particolarmente caratteristiche sono le zone di Via Calvi e dintorni, la “Casa del Rabbino” con alcune decorazioni sulla facciata Piazza Bertazzolo e Via Norsa dove si trovano diverse case con balconcini con porte finestra in stile sefaradita. Su una porta d’ingresso è ancora visibile il segno lasciato da una mezuzà lì apposta chissà quanto tempo fa. Attrazione maggiore rimane comunque l’unica sinagoga sopravvissuta, la Sinagoga Norsa Torrazzo che, come tutte le sinagoghe degli antichi ghetti, si presenta esternamente assolutamente anonima, ma che poi sorprende con i suoi suntuosi interni.
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